Castello Medievale
Laviano ha origini molto antiche: nella "Storia del regno delle due Sicilie" (Napoli 1847, Vol. III, pag. 9) N. Corcia fa risalire i suoi inizi ai Sabini e lo definisce l'ultimo villaggio degli Ursentini tanto che lo stesso nome "Lavianum" sarebbe un termine sabino e vorrebbe significare feudo rustico della "gens Lavia" (circa VI-VII sec. a. C.). Inoltre alcuni ritrovamenti archeologici nell'alta valle del Sele (Laviano, Castelnuovo di Conza, Santomenna) testimoniano la presenza di popolazioni sannitiche già dal V sec. a. C. .
E', altresì, noto che da sempre la sua storia è stata segnata dalla presenza dei boschi: basti pensare che già nel periodo romano l'attività portante produttiva era quella del legname e che dal I sec. a. C. è accertata l'esistenza di un "collegium dendrophorum" e cioè di una corporazione tra le cui principali iniziative ricadeva il commercio di legname soprattutto di specie di alto fusto quali, ad esempio, le querce, i faggi e le conifere maggiormente richieste dal mercato per la carpenteria e la cantieristica navale. Dendroforo era, infatti, il nome del sacerdote che durante le feste greche (dendroforie di Dioniso e Demetrio) e poi quelle romane (di Attis e della Magna Mater) portava rami di alberi.
In epoca longobarda (dal VI sec. d.C.) Laviano è, perciò, appartenuta al gastaldato di Conza (Conpsa) ed è rientrata nel Principato Citra. I Longobardi, inoltre, riorganizzando i percorsi tra il mare Tirreno (in particolare da Salerno) e quello Adriatico, hanno aperto nuove strade seguendo il corso dei fiumi e hanno modificato, conseguentemente, sia il ruolo, che lo sviluppo delle aree interne e, soprattutto, di alcuni suoi centri come, ad esempio, Conza. Sotto i Normanni (X-XII sec.) è stata creata, invece, la contea di Laviano e ne è stato Conte anche Guglielmo che ha preso il cognome "de Laviano" e poi "Laviano". Tale contea ha avuto una certa importanza dato che dalla medesima dipendevano a livello militare ed amministrativo vari paesi circostanti. A Guglielmo è successo Oddone poi sconfitto dal Duca di Brienne mandato dal Papa Innocenzo III. Al periodo normanno risalgono le origini sia della Chiesa Madre dell'Assunta, che del Castello. La Chiesa Madre dell'Assunta (ora completamente distrutta) aveva avuto un consistente ampliamento nel XVI secolo e notevoli ristrutturazioni in stile barocco (XVIII sec.). Per la sua maestosità e ricchezza di beni artistici (quali, ad esempio, il portale lapideo e l'altare principale in marmi policromi lavorati ad intarsio) era considerata da Mons. Arcangelo Lupoli, Arcivescovo di Conza dal 1818 al 1831, "il tempio più bello" della sua Diocesi. Il Castello medievale, proprio per volere del citato Guglielmo, è ubicato in posizione strategica in modo da facilitare sia l'osservazione, che la difesa e cioè alla sommità del promontorio, a picco sulla rupe dell'Olivella e sul vallone ed è munito di fossato con ponte in pietra nonché di un avamposto e/o baluardo verso il nucleo abitato che, fino al sisma del 1980, era incastonato lungo il pendio collinare sottostante. Originariamente tale borgo ha accolto le persone che si ritiravano dai luoghi posti lungo le vie militari e che non erano in grado di subire gli svantaggi dovuti all'obbligo di dare alloggio ed assistenza a tutte le autorità del Regno, civili e militari, le quali viaggiavano per servizio in quel territorio.
Il Castello, pur avendo subito nel corso dei secoli ampliamenti e ristrutturazioni, aveva conservato sino al 1980 prevalentemente l'aspetto difensivo, un impianto planimetrico irregolare con torri cilindriche angolari (delle quali la maggiore, facilmente il "mastio", è collocata a nord/ovest) anche su base a scarpata romboidale, corpi di fabbrica a due ed a tre livelli ai quali si accedeva dalla corte interna trapezoidale, copertura a falde con manto esterno in coppi, vani principalmente con solai piani in travi lignee, ma anche ambienti voltati (tra i quali una possibile cappella) ed un loggiato con volta a crociera nella parte sud-ovest che prospetta sul vallone con una apertura arcata.
Facilmente i vani finestra del piano rialzato erano, così come riscontrabile ancora in due aperture prospicienti la corte interna, contorniati da cornici e soglie in pietra. Il livello inferiore era adibito presumibilmente a cantine, depositi e forse celle, quello rialzato rispetto alla corte interna era destinato anche alla residenza, mentre l'ultimo, munito di feritoie, era utilizzato, presumibilmente, per scopi difensivi ed armerie. Sottostante al cortile si trova un'ampia cisterna voltata e munita di grata. Probabilmente la disposizione planimetrica irregolare del complesso fortificato è stata determinata dalla configurazione morfologica del terreno.
Di notevole valore erano i sobri, quanto maestosi, portali lapidei risalenti al XVII sec., con conci decorati (prevalentemente alla base dei piedritti, all'imposta dell'arcata ed in chiave) collocati all'ingresso principale ed al fabbricato ubicato all'inizio dell'area fortificata (probabilmente un posto di guardia) caratterizzata quest'ultima, soprattutto, dalle mura perimetrali poste alla sommità del pendio collinare tuttora leggibili in particolare nella parte nord-ovest come pure dal fossato munito di ponte su due arcate entrambi in muratura di pietrame. Gli elementi di tali portali, che sono crollati con il terremoto, sono stati recentemente rinvenuti in loco.
La costruzione, ovviamente, è in muratura di pietrame locale che nelle parti a vista si presenta per lo più regolare nei ricorsi orizzontali senza stilatura di giunti e che è impreziosita dagli elementi sempre lapidei sia decorativi, sia di pezzatura maggiore compatta e lineare nei cantonali e nelle parti di delimitazione. Tale Castello si inserisce nel sistema di fortificazioni normanne e sveve realizzate dal X sec. spesso su preesistenti insediamenti difensivi lungo l'alta valle del Sele ed in Basilicata a ridosso delle vie di comunicazione con la Puglia. Il fenomeno dell'incastellamento medievale che ha interessato tutte le regioni del mediterraneo, anche nelle zone non costiere, e ha rappresentato un fenomeno epocale che ha portato ai paesi interni ed arroccati anche un miglioramento delle condizioni di vita. In tale periodo la valle del Sele è diventata una sorta di micro regione con un'identità culturale singolare, che in qualche modo ha conservato anche nei secoli successivi. Ne sono testimonianza le numerose fortezze ed emergenze architettoniche tuttora presenti in zona. Nel medioevo, inoltre, il fiume Sele ha avuto un ruolo importante connesso allo scambio ed al trasporto delle merci (compreso il legname utile nella costruzione delle navi). A seguito di indagini di archivio risulta che nei vari secoli i territori di Laviano, come anche il castello, sono stati possedimenti di diversi signori e/o feudatari e tra questi si ricordano: i Marino e Pirro d'Alemagna sino alla famosa "Congiura dei baroni" alla fine del XV secolo, la famiglia Carafa Guzman de Marra (noti anche come principi di Stigliano) e la Regia Corte spagnola nel XVII sec. nonché la famiglia D'Anna (che li ha avuti in proprietà dalla fine dal 1696 sino al 1865 in base al catasto Onciario del 1753 ed a quello Murattiano del 1815). Nel XIX il Castello è diventato di privati ed alla fine degli anni '50 è stato acquisito al patrimonio comunale e, conseguentemente, utilizzato per fini pubblici. Inoltre, dai documenti esaminati, si evince che tale costruzione aveva nel complesso 6 bassi, la cappella ed un locale adibito a scuderia al piano seminterrato e circa 20 stanze ai piani superiori. Nonostante i crolli determinati dagli ultimi terremoti e le attuali precarie condizioni statiche il Castello di Laviano costituisce tuttora una delle testimonianze più significative dell'architettura fortificata presenti nell'alto Sele. Di particolare interesse e valore resta, infatti, questo monumento tuttora caratterizzato dall'individuazione della perimetrazione murata esterna della fortificazione, dai resti dell'avamposto (e/o baluardo) del quale in ogni caso si individua la consistenza plano-volumetrica preesistente), il fossato delimitato dalla muratura in pietra e/o dalla roccia viva con il suo ponte, la consistenza muraria dell'intero castello del livello inferiore e parti significative del piano rialzato (quali, ad esempio, la facciata prospiciente la corte interna del corpo a nord-est con i setti retrostanti ed i lati perimetrali sia a sud, che a nord/est), il cortile con la sottostante cisterna visibile dallo squarcio che si è creato nel terreno ed i livelli medio/bassi di tutte le torri. Significative sono anche le tracce e gli elementi riscontrabili in loco che contribuiscono a comprendere maggiormente l'organizzazione interna come anche la ripartizione altimetrica degli spazi e l'articolazione compositiva dei prospetti. Particolarmente suggestiva ed emergente resta, infine, la sua ubicazione alla sommità del rilievo collinare ed a picco sul vallone molto profondo nei lati ad ovest.